Una cosa fondamentale sul fertility day che si è persa fra le polemiche

Una cosa controcorrente sul fertilityday. La campagna (agghiacciante) del Ministero della Salute non aveva che fare (solo) con il calo demografico, con i nidi e l’assistenza alla prima infanzia (che mancano siamo d’accordo, citofonare Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali), con la sicurezza del lavoro e la tutela della maternità (idem come sopra), con la fecondazione artificiale (imho un diritto). Continua a leggere

Considerazioni sul bullismo: fisico, intellettuale e sociale

Bullismo: comportamento violento che comporta una serie di atti sistematici di prevaricazione, fisici e psicologici. C’è una ‘vittima’, un autore. Spesso osservatori più o meno partecipi, azioni a volte dirette, altre volte indirette, ovvero che tendono a isolare la vittima dal gruppo dei coetanei e impedire lo sviluppo di relazioni.
I bullo, nell’immaginario collettivo, va male a scuola, è grande e grosso e utilizza la prevaricazione per difficoltà a gestire le relazioni in altra maniera.  Continua a leggere

Dieci anni di Creative Commons, e l’editoria che fa?

Dieci anni fa nascevano le prime licenze Creative Commons -presentate da un pool di esperti in diritto informatico e proprietà intellettuale- con lo scopo di adattare il diritto di autore a nuove esigenze creative e rendere l’accesso ai contenuti intellettuali in rete più semplice e meno costoso. Alla base delle CC, la necessità di sostenere la libera circolazione della informazioni e della cultura e tutelando il diritto d’autore e il lavoro intellettuale.   Continua a leggere

Utenti in rete fedeli al no profit, e il no profit è fedele agli utenti in rete?

Pubblicato ieri  da NoprofitLab in collaborazione con Vita Consulting e scaricabile gratuitamente (previa registrazione e passaggio di diversi dati personali) il Report sul No profit 2011.

Il report contiene una panoramica sugli italiani (prevalentemente giovani e donne) che seguono associazioni e onlus attraverso il web, ed è accompagnato da una infografica che sintetizza i punti principali della ricerca, cui hanno partecipato 20 mila iscritti a diverse newsletter ‘sociali’.

Dati interessanti: il 49% degli intervistati segue le proprie onlus attraverso la rete e i social network, con frequenza e modalità di partecipazione differenti. Questi ultimi permettono un approccio più diretto e personalizzato, attraverso immagini, approfondimenti.

Al no profit, si richiede un maggior coinvolgimento, attenzione e chiarezza nel raccontare le iniziative sostenute: va segnalato come un 11% delgi intervistati faccia notare che spesso le fan page e gli account sui social network non riscuotono l’interesse dei lettori.

Il pubblico c’è ed è interessato, e questo è un ottimo presupposto per sostenere un canale diretto fra attivista e onlus, per comunicare, raccontare, coinvolgere e non da ultimo promuovere iniziative di fundraising.

E per il no profit una occasione da cogliere e una riflessione sul proprio approccio alla comunicazione nel web, dove non basta esseci: contenuti studiati appositamente per essere proposti e condivisi in rete, progetti di comunicazione che coinvolgono e permettono di partecipare attivamente, strumenti e luoghi utilizzati con consapevolezza delle funzioni e delle possibilità: quanti profili personali anziché gruppi o fan page vengono aperti nel mondo dell’associazionismo? Se a chi li crea pare più semplice utilizzarli, così non è per il visitatore più consapevole delle dinamiche della rete. Visitatori che, come mostra il report, sono pronti a premiare una comunicazione ben pianificata.

L’idea che fa il giro del web in trenta minuti…

Si muove agilmente, tocca tasti sensibili, raccoglie l’entusiasmo dei lettori opponedosi ai giochi di potere, porta una ventata di novità, inficia sulle decisioni politiche.

Ma non sempre potrebbe essere una buona idea, o per lo meno non sta al web decretarne la veridicità.

(Una teoria che in poche settimane si è conquistata le prime pagine dei giornali di tutto il mondo e ha modificato l’agenda della ricerca scientifica. Giusta o sbagliata che sia -e solo i ricercatori lo potranno dire- l’impatto in rete è sempre stato inversamente proporzionale rispetto all’accoglienza da parte della comunità scientifica.

Se ne parlava già in rete da setttembre 2009, i primi di dicembre 2009 è esplosa sui social network grazie a un’intervista mandata i onda su una tv canadese, a fine Dicembre i gruppi internazionali e nazionali su Facebook erano quotidianamente presenti sulla stampa e e influivano sulle decisioni politiche.

Gli elementi per un web-successo c’erano tutti: pionieri contro i poteri alti, la possibilità di una ‘soluzione finale e definitiva’ per una grave problema di salute per cui da decenni non si trova una cura, la terminologia utilizzata, le storie di vita, la partecipazione ‘dal basso’. Però fuori dalla rete le opinioni degli esperti sono sempre state nettamente discordanti).