Turchia, come ho spiegato a un figlio quindicenne in che modo seguire un fatto cercando e selezionando fonti in autonomia

Venerdì 15 luglio, ore 22,18. Sto aprendo Netflix per vedere un film con il quindicenne quando intravedo nella home aperta del Corriere notizie su un presunto colpo di stato in Turchia, c’è già una news. “Fabrizio sta succedendo qualcosa in Turchia”, dico al marito, provocando la immediata reazione del figlio. Guarda anche lui il mio monitor: le informazioni sono scarne, due blocchi di testo da tre righe, ancora non si parla apertamente di colpo di stato ma dei ponti di Istanbul bloccati dai carri armati, esercito in piazza, aerei che volano a bassa quota. “Ma non dice nulla!”, esclama il figlio mentre spiego che è notizia fresca, hanno aperto la pagina mettendo i dati che hanno, intanto cercano informazioni e la andranno via via ad aggiornare mentre arriveranno informazioni certe. Guardo anche la Repubblica, c’è la breaking in rosso ma nessun articolo, il Corriere ha fatto prima questa volta dico a voce alta mentre il figlio si avvicina.

“Torna al corriere che diceva di più, magari hanno aggiornato” chiede il quindicenne un po’ indispettito perché invece io sto aprendo twitter, il profilo di Erdogan su facebook e in parallelo una finestra di navigazione in incognito. “Cerchiamo cose più dirette” dico, constatando che i blocchi di testo del Corriere sono diventati tre, ma le informazioni poche di più. “E come? Dove le prendi?”. “Facciamo assieme, io ti faccio vedere come mi comporto di solito, e se a te viene qualche idea migliore, me la suggerisci”. Nel frattempo ho la malaugurata idea di accendere la TV, rai uno, la Carfagna blatera sulla necessità di fondi per la difesa e in seguito la Botteri parla da New York, anche ieri lo ha fatto su Nizza mi hanno detto. Chiudo, anche un po’ indispettita.

In tre finestre twitter lancio diverse (banali) ricerche Ankara, Istanbul, Erdogan (e qui sbaglio, perché il primo a parlare è il Primo Ministro Yıldırım) e cerco una giornalista -l’unica che mi viene in mente su due piedi- che so che oltre che occuparsi di Turchia ci ha vissuto per anni, anche se non so se ci sia in questo momento. Mentre la inserisco in una lista segreta creata sul momento il figlio mi chiede se so per chi scriva, gli rispondo che sì ma che in questo momento non mi importa così come non m’importa sia di destra o sinistra, conservatore o democratico reazionario o altro perché per ora sto cercando persone che raccontino ciò che vedono fuori dalla finestra, o che seguano persone che possono raccontare ciò che vedono fuori dalla finestra. Mentre sfoglio le liste della giornalista (e di un altro paio di italiani) alla ricerca di altri contatti più diretti, mi viene il dubbio che quest’ultima cosa che gli ho detto sia forse fuorviante. Aggiungo che in una seconda fase certo vai a vedere chi sono, che dicono, che fanno, ma siamo già più sull’analisi che sulla raccolta di informazioni immediate per capire che sta succedendo. In fondo, il nostro obbiettivo ora è cercarle e capire se sono vere o meno, mica esprimere un’opinione o un giudizio di merito, o eslcudere persone ben informate solo perché hanno posizioni diverse dalle nostre. Anzi.

“Per adesso, mi muovo così, -continuo- da una parte vado su tre/quattro siti internazionali di cui mi fido, ma mi concedono anche l’opportunità, linkando le fonti in rete, di sviluppare altri contatti e arricchire la mia lista”.

(Nel frattempo la notizia è in home su tutti i siti e stanno partendo i primi live; scorro le mie timeline su FB e TW vedo che ormai in molti stanno rilanciando ed esprimendo prime opinioni. In realtà, twitter e facebook sono down in Turchia adesso, e anche per questo trovo più opinioni che fatti, ma decido comunque di finire la ricerca su twitter ad uso del quindicenne).

Apro il Guardian, Le Monde, BBC news, ma anche reported.ly e un paio di altri. “Le monde?” chiede il figlio “Le monde, -spiego- quando fa i live mette alcuni giornalisti a seguire un fatto, rispondere alle domande dei lettori, propone le notizie anticipando sempre se sono verificate da loro o riportate da qualcuno di esterno e chi, con il link. Mi piace molto il loro stile, anche se sono ‘live’ più lenti, meno immediati”. E infatti non è ancora cominciato, e Le Monde ha ben altro da seguire adesso. Ne trovo un paio su due siti usa. Trovo quindi 3/4 corrispondenti in Turchia e li aggiungo alla lista. La Repubblica ha cominciato il live blog (mi pare sia l’unica), ma è molto lento: Erdogan su Facetime viene citato 23 minuti dopo e sono riassuntini senza link o fonti. Il figlio (che nel frattempo s’è dotato di computer e lavora con me in autonomia) mi chiede perché non guardo i live video. Gli spiego che non mi interessano particolarmente perché mi costringono a una unica pagina e ai loro tempi, non mi permettono di arricchire le mie fonti, poi insomma guarda il mio pc ho tre pagine con trenta schede ciascuna aperta, voglio pochi e concisi video, se no accenderei la tv. Su twitter, ha trovato abbastanza facilmente i primi caricati online: i caccia, i carriarmati, due di quelli che sembrano bombardamenti. “Guarda questo mamma, ci sono dei bambini sull’altalena, mentre sullo sfondo si vedono i caccia e scie luminose che paiono essere spari”. “Bravo, per quel “paiono”, visto che ancora non sappiamo da dove venga di preciso il video, e bravo per l’occhio” (quel video è oggi in home sia sul Corriere che sulla Repubblica). “E come togliamo questo “paiono”, e ci ritagliamo qualche certezza?”. “La certezza lasciamola agli stolti e ragioniamo sul ‘presumibilmente sicuro’. Ti ho parlato di due fasi in contemporanea: la prima parte dai grandi siti di informazione internazionali, personalmente reputati affidabili. La seconda si concentra su siti di informazione locale o sui tweet di chi è lì in questo momento”. “Ma se non sai il turco come puoi navigare sul ‘genova24′ di Istanbul o Ankara e dintorni?” “Se è per questo, so venti parole in francese e tre in greco, ma leggo Le Monde e Kathimerini quotidianamente. Google Translate per le lingue principali ci aiuta, a meno che -come Der Spiegel- non facciano ampio uso di titoli o testi inseriti in immagini, che quindi non vengono tradotti”. Per i siti locali è più facile di quanto si pensi, anche perché ormai molti giornali di informazione internazionali li citano come fonti in queste situazioni. Allora tu vai al sito diretto, vedi chi è l’autore di una certa notizia, guardi al volo le notizie precedenti che ha scritto… Se parla da anni di una zona della sua città e sta postando foto di quella stessa zona (google maps aiuta), possiamo essere abbastanza sicuri di poterci fidare. Se ha fatto foto da tutte le manifestazioni in piazza Taksim fino ad oggi, se pubblica una foto di quella piazza la considero accettabile”. Per i tweet forse è un po’ più complesso, perché effettivamente mi baso su una sensazione personale, incrociando quello che hanno detto prima con eventuali contatti nella mia rete, liste, luoghi e persone da cui viene citato, tempo di vita dell’account, etc. Reported.ly fa già autonomamente questo lavoro, ma se l’accettazione delle fonti e una unica timeline non è adatta a una quarantenne, figuriamoci per un quindicenne che questo lavoro se lo vuole imparare a fare da solo (anche se non in maniera professionale, va bene, lo sappiamo).

La verità (Erdogan ha parlato, girano voci della richiesta di atterraggio rifiutata in Germania, girano voci che a Istanbul la gente applauda ai carri armati, gira voce che ad Ankara la gente si stia ribellando) è che su twitter adesso non si trova molto. Il quindicenne ha reperito un’infografica che indica che twitter e facebook sono down ma altri social funzionano. Capisce da solo che dobbiamo passare ad altro. Periscope per esempio, partendo da un primo video postato da un professore universitario romano, mio contatto su facebook. Pare che stiano effettivamente applaudendo (e fischiando) all’esercito a Istanbul. Scoppi ad Ankara, anche se dal nostro parzialissimo punto di osservazione non sappiamo di persone coinvolte. Rompo il mio fioretto di madre e frequentatrice di social network che si basa sull’assunto “mai dare consigli istruzioni od opinioni che tanto adolescenti e followers fanno l’esatto opposto” e regalo a mio figlio (cui la vita sta per concedere dieci anni di ormoni a mille, voglia di viaggiare, certezza delle proprie idee e sensazioni di potenza) questa massima di vita, paradigmatica da una che nemmeno è in grado di risolvere le liti fra un gatto e un cane: “Figlio mio, ricordati che se mai ti troverai in mezzo a un colpo di stato, che ti dicano di uscire in piazza o meno, devi assolutamente chiuderti in casa e non mettere il naso fuori”. Asserisce guardando il computer come quando gli dicevo a cinque anni che lavarsi i denti mattina e sera è un obbligo. Mi rendo conto che opinionismo e pensieri da bar stanno prendendo il sopravvento anche in me. E’ l’ora di andare a dormire, e lasciarlo con le sue liste e i suoi social network aperti. “Non mi dici cosa pensi di quello che sta succedendo?” chiede.

“Non stasera. Me lo racconterai tu domani mattina, in base a quello che hai letto”.

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