Lo sfruttamento delle risorse naturali e conflitti ambientali

Il referendum del 12 giugno -quando cui ci esprimeremo anche sulla gestione delle risorse idriche,-si avvicina: di informazione se ne sente poca in tv, un po’ più sui giornali, diversa ma frammentata in rete.
E ancora in rete, di acqua si parla sempre più, anche se non sempre è italiana. O forse sì?

Il Cile è in rivolta. Da settimane la popolazione manifesta contro il progetto di costruzione di 5 mega-dighe in Patagonia sui fiumi Pascua e Baker, che sommergerebbero 5600 ettari di terreno boschivo in un raro ecosistema naturale. Non è solo una questione ambientale, l’impatto economico e sociale per le popolazioni locali sarebbe devastante. Il fatto è che l’acqua di questi fiumi cileni non è della popolazione, e nemmeno del Cile.

E’ proprietà di ENEL, che ha acquisito i diritti dalla società spagnola ENDESA, adesso sua controllata, che li ha avuti negli anni ottanta direttamente dalle mani del dittatore Augusto Pinochet (il grande assente nel libro del libro di Luis Sepulveda Ritratto di gruppo con assenza, dove l’autore accenna a nuove battaglie per tutelare l’ambiente che si preannunciano all’orizzonte per i figli di coloro che hanno lottato per anni contro le dittature militari sostenute (o accettate) dall’occidente.

Non è il primo conflitto sociale in america latina a nascere dalla gestione privatizzata dell’acqua. Già la Bolivia ha affrontato 5 anni di guerre in seguito alla privatizzazione dell’acqua a Cochabamba. Qui fu la società statunitense Bechtel ad assumere la gestione degli acquedotti locali nel 1999, alzando le tariffe per la popolazione locale del 300% per una cifra pari a un quarto dello stipendio di un lavoratore medio.

Secondo il rapporto (leggilo in pdf) di Legambiente 2010 gli effetti dei cambiamenti climatici rappresentano ormai la principale causa delle migrazioni di massa. La desertificazione, lo sfruttamento intensivo di risorse naturali e spesso anche lo spreco, stanno avendo un impatto non solo ambientale, ma anche e soprattutto sociale ed economico, obbligando intere popolazioni ad abbandonare i propri territori: secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per il 2050 si arriverà a 200/250 milioni di profughi per motivi ‘ambientali’ che i paesi occidentali si troveranno ad accogliere dopo che le loro aziende avranno fatto sperpero delle loro risorse naturali e distrutto gli ecosistemi locali.

Ancora una volta l’informazione passa attraverso le denuncie delle ‘persone comuni’ grazie alle reti (virtuali e di persone), che arrivano direttamente alle ‘persone comuni’ dall’altra parte del mondo.

Una risposta a "Lo sfruttamento delle risorse naturali e conflitti ambientali"

  1. Molto interessante questo articolo. Mi era sfuggita questa rivolta di cui parli. Non so bene che cosa pensare perché non sono informata sui fatti (ne vengo a conoscenza da te, ora). Spero che le motivazioni economiche non sovrastino quelle umane. Ma ho i miei dubbi.

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